È notizia recente che dieci operatori sanitari in Veneto siano stati costretti a un periodo di ferie forzate poiché si sono volontariamente astenuti dalla vaccinazione. Il ricorso dei dipendenti nei confronti del loro datore di lavoro (nella fattispecie due RSA) è stato respinto dal Tribunale di Belluno con l’ordinanza numero 19 del 19 marzo 2021. 

Si sapeva che presto sarebbe successo, ovvero che la complessa questione del rifiuto di un lavoratore a vaccinarsi e delle dirette conseguenze sul posto di lavoro sarebbe prima o poi atterrata sulle aule di tribunale. Come detto, l’argomento è piuttosto complesso e, per così dire, “aperto”, poiché figlio di una pandemia e di un piano di vaccinazione ancora in divenire. L’ordinanza di Belluno mette un primo punto alla questione, ma è solo un punto a capo: l’allontanamento del dipendente è legittimato, ma che succede se il rifiuto di vaccinarsi dovesse perdurare oltre l’esaurimento delle ferie? Il licenziamento avrebbe una base legittima oppure no?

Obbligo di vaccino: sì o no?

Lo scriviamo subito: ad oggi non esiste un obbligo di vaccinazione generalizzato ex lege ma esclusivamente con riferimento agli operatori sanitari dettato dal recente DL 44/2021 . La conseguenza di questo potrebbe sembrare ovvia: se nessuna legge obbliga i cittadini a vaccinarsi, neppure i lavoratori sono obbligati a farlo. In realtà non è così semplice. 

Partiamo dall’art. 32, comma 2 della Costituzione: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. L’art. 32 sancisce, dunque, il rispetto della dignità dell’individuo e della sua libertà decisionale nei confronti della propria vita. Ora, per quanto riguarda la vaccinazione Covid, non è in gioco solo l’interesse individuale, bensì anche l’interesse della collettività da una parte, e dell’ambiente di lavoro dall’altra. Il datore di lavoro (art. 2087 c.c. e art. 279 comma 2 del d.lgs. n. 81/2008) è tenuto ad adottare le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica dei dipendenti, tra le quali “la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione”. Non solo, l’ambiente di lavoro, microcosmo della collettività, necessita di una doppia tutela: quella del dipendente (in modo da prevenire possibili infortuni sul lavoro) e quella di terzi che si trovano nello stesso ambiente. 

Ne consegue, come volevasi dimostrare, che è una situazione complessa, che si presta ad interpretazioni ambigue o addirittura opposte. Ciò che manca è un provvedimento di legge specifico. In questo momento non esiste un obbligo di somministrazione del vaccino per poter svolgere una prestazione di lavoro. 

Rifiuto del vaccino: è lecito il licenziamento?

Lo scriviamo subito: ad oggi non esiste un obbligo di vaccinazione generalizzato ex lege ma esclusivamente con riferimento agli operatori sanitari dettato dal recente DL 44/2021 . La conseguenza di questo potrebbe sembrare ovvia: se nessuna legge obbliga i cittadini a vaccinarsi, neppure i lavoratori sono obbligati a farlo. In realtà non è così semplice. 

Partiamo dall’art. 32, comma 2 della Costituzione: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. L’art. 32 sancisce, dunque, il rispetto della dignità dell’individuo e della sua libertà decisionale nei confronti della propria vita. Ora, per quanto riguarda la vaccinazione Covid, non è in gioco solo l’interesse individuale, bensì anche l’interesse della collettività da una parte, e dell’ambiente di lavoro dall’altra. Il datore di lavoro (art. 2087 c.c. e art. 279 comma 2 del d.lgs. n. 81/2008) è tenuto ad adottare le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica dei dipendenti, tra le quali “la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione”. Non solo, l’ambiente di lavoro, microcosmo della collettività, necessita di una doppia tutela: quella del dipendente (in modo da prevenire possibili infortuni sul lavoro) e quella di terzi che si trovano nello stesso ambiente. 

Ne consegue, come volevasi dimostrare, che è una situazione complessa, che si presta ad interpretazioni ambigue o addirittura opposte. Ciò che manca è un provvedimento di legge specifico. In questo momento non esiste un obbligo di somministrazione del vaccino per poter svolgere una prestazione di lavoro. 

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