Ripartenza. Tutti ormai parlano, giustamente, di ripartenza: perché l’emergenza legata al COVID 19 è stata (ed è ancora) una situazione unica ed imprevedibile, che ha portato alla riorganizzazione generale di ogni cosa, dalla vita quotidiana al lavoro. Ed è proprio il lavoro l’aspetto da cui dobbiamo tutti ripartire, seppur condizionato e totalmente ripensato in linea con il momento storico che stiamo vivendo.

Per tutti i lavoratori – dipendenti ed imprenditori – che necessitano di aggiornamenti legali sul Coronavirus, non è facile districarsi in un quadro normativo in continuo mutamento. Per questo cerchiamo di fare chiarezza e di riassumere ciò che è stato fatto per fronteggiare l’emergenza.

Covid-19 e lavoro in Italia.

La pandemia Covid-19 ha generato negli italiani un bisogno di sicurezza e garanzia di salute che forse non avevano mai sperimentato prima. Per quanto riguarda il lavoro – e la complessità dei suoi aspetti organizzativi, normativi ed economici – le Istituzioni hanno avuto il difficile compito di ripensarlo e iscriverlo in un delicato equilibro tra due aspetti cruciali: 1. Il diritto fondamentale alla salute pubblica 2. Il diritto al lavoro, ben formulato nel celeberrimo Articolo 1 della Costituzione Durante il lockdown, questo difficile equilibrio ha visto da una parte il lavoro straordinario di quelle aziende che producono beni e servizi essenziali (ospedali, aziende farmaceutiche, filiera alimentare, logistica, ecc.) e dall’altra il non-lavoro di quelle aziende che hanno dovuto sospendere le proprie attività in ottemperanza alle normative legate all’emergenza. Nel D.L. “Cura Italia” (Decreto Legge 17 Marzo 2020 n.18 convertito poi nella legge n.27 del 24 aprile 2020) non è stato facile per il Governo identificare le attività da sospendere. Nel percorso che va dall’inizio del lockdown alla cosiddetta fase 2, la difficoltà è stata quella di scegliere la chiusura delle attività produttive non necessarie e il mantenimento (o la ripresa, seppur ridotta) di attività comunque non essenziali, per evitare la paralisi totale del sistema economico. Di qui la chiusura generalizzata di scuole, università, il divieto di assembramenti e la sospensione di attività lavorative non indispensabili (DPCM 22 marzo 2020).

Tutela dei lavoratori

Le misure adottate dal Governo per la tutela dei lavoratori possono essere sintetizzate in due macro-interventi: 1. il blocco per 60 giorni dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale e di quelli individuali c.d. economici-organizzativi per giustificato motivo oggettivo 2. gli strumenti di sostegno al reddito per tutti i lavoratori dipendenti che sono rimasti inattivi A tal proposito, citiamo qui un passo dell’Editoriale di Arturo Maresca, professore di Diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma, che scriveva l’1 aprile 2020 sulla rivista Federalismi: “Si vuol significare – sul piano etico, prima che giuridico – che spesso, troppo spesso, la capacità di tutela del lavoro si sviluppa con pienezza a favore dei dipendenti a tempo indeterminato (specialmente delle aziende di grandi e medie dimensioni), mentre stenta a realizzarsi nei confronti dei lavoratori occupati con contratti temporanei e ancor più con contratti di collaborazione autonoma.” La conversione del “Cura Italia” ha, fortunatamente, “ascoltato” l’Avv. Maresca e provveduto a colmare le lacune del precedente decreto. Se prima gli strumenti di sostegno al reddito risultavano inefficaci per i lavoratori con contratto a termine in scadenza (che rischiavano di perdere il lavoro), l’attuale articolo 19-bis dispone che, anche in caso di cassa integrazione o di interventi di mobilità collettiva, le aziende possano rinnovare o prorogare i contratti a termine e i contratti di somministrazione (in deroga all’articolo 20, 21, 2° comma, e all’articolo 32, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 15 giugno 2015, n.81), e quindi anche senza causale e senza il rispetto del c.d. “stop & go” (periodo temporale minimo di distacco altrimenti imposto tra un contratto a tempo determinato e l’altro). Da ultimo, l’art. 93 del cd. Decreto Rilancio ha esteso l’esenzione della causale per ogni proroga o rinnovo dei contratti a termine in essere alla data del 23/23/2020 da parte di tutte le aziende (e quindi non solo di quella “in Cassa”) con la specifica finalità di far fronte al riavvio delle attività nella c.d. fase 2.

Cassa integrazione

Il decreto “Cura Italia” (e sua conversione nella legge del 24 aprile 2020 n.27), ha previsto sostanzialmente tre linee di intervento in relazione alla Cassa Integrazione e agli ammortizzatori sociali per le aziende in difficoltà:
  1. Cassa integrazione ordinaria (CIGO) conteggiata oltre i limiti di legge, anche per quelle aziende che utilizzano già trattamenti di integrazione straordinari. Da segnalare che, mentre nel decreto “Cura Italia” era destinata solo ai lavoratori assunti fino al 23 febbraio 2020, nella legge di conversione la cassa integrazione ordinaria si applica anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio e il 17 marzo 2020.
  2. Fondo di integrazione salariale rafforzato per quelle aziende con più di 5 dipendenti escluse dalla CIGO
  3. Cassa integrazione in deroga per tutte le aziende non coperte dalle due suddette misure (senza limitazioni legate al numero di dipendenti)
Il Decreto Rilancio ha, da ultimo, rifinanziato detti istituti estendendone la durata possibile per ulteriori 9 settimane oltre alle 9 inizialmente previste (e precisamente 5 settimane aggiuntive da fruire entro il 31/8/2020  ed altre 4 settimane fruibili dal 1° settembre al 31 ottobre 2020)

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