Il tema della maternità nel mondo del lavoro è un tema attualissimo. Le disposizioni legislative riconoscono determinate tutele: molto è stato fatto, ma forse non è ancora abbastanza. Perché il divario di occupazione tra uomo e donna aumenta dopo la nascita di un figlio. Vediamo le cose da sapere per le neomamme e alcuni spunti di riflessione.

Per alcune donne la volontà di avere un figlio e formare una famiglia pone un grande quesito: maternità o lavoro? O meglio, è possibile far convivere entrambe le cose oppure è necessario sceglierne una a discapito dell’altra? Nel mondo attuale un quesito del genere forse non dovrebbe nemmeno porsi, perché contrario alle battaglie sui diritti delle donne e sull’eliminazione del divario di genere. Eppure uno studio del 2022 – “Le equilibriste”, report annuale sulla condizione delle mamme in Italia redatto da Save the Children – afferma che il 42,6% delle madri in Italia, tra i 25 e i 54 anni, non risulta occupato. Sono 30 punti in meno rispetto agli uomini.

Questo vuol dire che il mondo del lavoro e le politiche del welfare non sono ancora del tutto connesse con le esigenze e le problematiche della maternità, portando molte donne a decidere di lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio. Diverse statistiche riportano come il divario di reddito e di occupazione tra uomo e donna aumenti proprio dopo la nascita di un figlio e non venga più recuperata in seguito.

 

Cose da sapere su gravidanza e lavoro

Vediamo alcune cose da sapere su gravidanza e lavoro, con riferimento al D.Lgs. 151/2001 in materia di tutela e sostegno alla maternità.

  • Quando comunicarlo al datore di lavoro? In caso di gravidanza a rischio o di un’occupazione lavorativa che preveda rischi per la salute e la gravidanza, deve essere comunicato il prima possibile. Negli altri casi non c’è una tempistica obbligatoria, basta informare l’azienda prima dell’inizio dell’astensione obbligatoria (e consegnare entro l’inizio dell’ottavo mese di gravidanza la ricevuta della domanda telematica di congedo di maternità).
  • Congedo di maternità: è un periodo di 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro. Può essere utilizzato in tre modi: 2 mesi prima della data presunta del parto e 3 mesi dopo, 1 mese prima del parto e 4 dopo (previo parere medico), 5 mesi dopo il parto (ma solo su attestazione del medico specialista e del medico competente sulla salute nel luogo di lavoro).
  • L’indennità di maternità (durante il congedo di maternità) prevede un’indennità giornaliera pari all’80% dello stipendio.
  • È possibile richiedere un congedo parentale facoltativo per un periodo massimo di 10 mesi (durante i primi dodici anni del figlio) da ripartire tra i due genitori: la madre (o il padre) ha diritto fino a un massimo di 6 mesi di congedo.
  • Sono previsti inoltre permessi di riposo per le mamme lavoratrici, per l’allattamento o per handicap gravi del figlio.

 Maternità e disoccupazione: due report preoccupanti

Riportiamo un primo report statistico in materia di maternità e disoccupazione. Secondo l’indagine Inapp-Plus su un campione di 45.000 individui – “Rapporto Plus 2022” – il 18% delle donne (quasi 1 donna su 5) tra i 18 e i 49 anni non lavora più dopo la nascita di un figlio. Le motivazioni apportate? Mancata conciliazione tra lavoro e cura (52%), mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%) e valutazioni di convenienza economica (19%).

Proprio la motivazione economica ci porta al secondo studio che vogliamo citare: “How Should We Design Parental Leave Policies? Evidence from Two Reforms in Italy” di Valeria Zurla. Lo studio mette in correlazione le ultime riforme riguardanti l’indennità mensile di disoccupazione (la cosiddetta Naspi) con il rapporto tra maternità e lavoro.

I dati INPS riportati dalla Zurla indicano un 20% in più di donne licenziate con l’aumento del sussidio dal 60% al 75% dell’ultimo reddito (Legge n. 92/2012), e un ulteriore 18% in più quando la sua durata massima è stata portata da 8 a 24 mesi (D.Lgs.n. 22/2015). Cosa vuol dire questo? Che le neomamme tendono a percepire le dimissioni dal lavoro come un’alternativa concreta rispetto al congedo parentale. Ma il mercato del lavoro è tutt’altro che semplice e prevedibile, e con le dimissioni non ci sono garanzie di poter trovare un’occupazione soddisfacente in tempi brevi.

Una situazione davvero preoccupante sia da un punto di vista lavorativo che demografico. Pensiamo che proprio nel 2022 l’Italia ha toccato il minimo storico di nuovi nati. È bene riflettere su cause, conseguenze e possibili provvedimenti.

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